Guest Writer for Victory: Dott.ssa Francesca Amirante, Presidente Associazione Progetto Museo. Curatore Complesso Museale Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco
Guardare e praticare arte, in qualsiasi delle sue forme, non solo è fonte di benessere psichico e fisico, ma è addirittura una terapia per contrastare ansia e depressione, regolare il battito cardiaco e la pressione sanguigna. Per queste sue potenzialità esiste una tecnica chiamata proprio “Arteterapia”.
Andare ad una mostra, per esempio, mette in moto una serie di meccanismi, tutti benefici per noi: padronanza ambientale, soddisfazione personale, evoluzione e auto-riflessione. L’arte fa viaggiare la mente in luoghi meravigliosi che riempiono l’anima, e ci stimola ad essere persone migliori, curiose e desiderose di cambiamento e crescita personale.
E allora proviamo a tuffarci nel mondo di un massimo esponente della pittura, Raffaello Sanzio, di cui quest’anno ricorre il cinquecentenario della morte, celebrato da una mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma.
Il 6 aprile, venerdì santo, del 1520 Raffaello Sanzio muore a Roma in uno scenario apocalittico. Il papa Leone X interpreta l’evento quasi come un presagio di eventi tremendi; gli allievi si raccolgono intorno al letto del maestro sgomenti; i letterati sanno che con Raffaello si conclude quella straordinaria stagione artistica e intellettuale che aveva trovato nel pittore la sua massima espressione: una stagione che aveva, soprattutto, iniziato quel percorso di ricongiunzione e sintesi tra il mondo classico e il mondo moderno, tra cultura pagana e cultura cristiana. La Scuola di Atene, affrescata per il papa Giulio II nella stanza della Segnatura, è il simbolo di questa stagione. I filosofi di tutte le scuole, di tutte le provenienze si confrontano, riflettono, scrivono per esaltare il primato della conoscenza, l’unione del sapere in epoche e luoghi diversi.
Raffaelo è nato a Urbino nel 1483 nell’ambiente raffinato e colto della corte dei Montefeltro dove all’interesse per la forza politica e militare si associava quello, imprescindibile, per la letteratura, per le arti figurative, per la scienza. Studi sulla prospettiva, sulla geometria, arte fiamminga sono al centro degli interessi della corte. Raffaello è figlio di un pittore che sa che per il figlio è molto importante frequentare la principale bottega del tempo quella di Perugino che a quel tempo dominava la scena artistica umbra e marchigiana. Raffaello è attivo anche in piccole città di provincia come Città di Castello, ma ben presto capisce che Firenze è una tappa fondamentale per la formazione di un artista. Il soggiorno fiorentino significa per lui il confronto con la perfezione disegnativa della scuola pittorica locale. Il giovane artista studia, disegna e ben presto esprime la sua arte nei celebri ritratti dei coniugi Doni. Quello che colpisce è la sua attitudine allo studio, al ricomporre sempre in una sintesi tutto quello che apprende, studia e rileva. Il suo passaggio a Roma, la fama eterna, il diventare il Divin Pittore non farà mai venire meno la sua speciale caratteristica di conciliare sempre in una sintesi perfetta il suo genio, con le sue fonti, con i modelli di artisti che ha studiato e ha approfondito. Roma aggiunge a tutto questo l’incontro con la classicità. Raffaello gira per la città, approfondisce le antichità con il suo grande amico Baldassare Castiglione, autore del Cortigiano, e diviene il difensore della classicità troppo spesso distrutta per far posto agli spazi del Cristianesimo. Nella sua arte ogni cosa studiata non viene esclusa, ma costantemente assimilata e ricomposta in nuove composizioni che ogni osservatore ha sempre assimilato e guardato come se fossero immagini naturali, nate come se fossero realizzate quasi senza troppi sforzi. E questa è la grandezza di Raffaello: quella di non generare mai uno scontro con le sue immagini che non ci scuotono, non ci inquietano, non ci turbano. Ci piacciono perché vere, umane, perfette realizzate da un uomo che ama l’umanità, ama le donne, ama vivere e che, però, non smette mai di studiare. Una sintesi sempre nuova, mai ripetitiva, sempre originale che Raffaello ha la signorilità di far apparire come se fosse già vista e invece ogni immagine è il trionfo di una nuova naturale classicità.
Raffaello scegli di farsi seppellire al Pantheon quasi come un simbolo di quella sintesi tra classicità e modernità, consapevole che l’armonia, le proporzioni, l’equilibrio sono figli di un’esigenza umana di ogni tempo e che non riguardano solo l’arte!
Francesca Amirante, Presidente Associazione Progetto Museo